Mentre la crisi approfondiva i suoi effetti, la politica istituzionale non ha fatto altro che perpetrare misure di austerità, santificando i “mercati”, e rendendo sempre più drammatiche le condizioni sociali di gran parte della popolazione. La politica, più sottomessa che mai ai poteri forti dell’economia – i principali responsabili della crisi – ha svilito totalmente le proprie ragioni, finendo per essere risucchiata come non mai nei fenomeni corruttivi. Noi ci ritroviamo con un calo drastico di iscritti all’università (-50.000 nel 2012); con una disoccupazione giovanile vicina al 40%; con i pochi occupati costretti alla precarietà; con un numero crescente di licenziamenti e cassa integrazione; con i servizi sociali sempre più ridotti o privatizzati; e con l’assenza di un diritto fondamentale come quello alla casa. Tutto questo senza poter condividere un luogo sociale con chi subisce la nostra stessa condizione: molti lavori oggi non hanno un luogo di lavoro fisso o, ancora più spesso, durano troppo poco per permettere di capire quali sono i compagni di lavoro con cui organizzarsi per rivendicare diritti.
Vogliono che ognuno di noi rimanga solo. Ma nessuno può farcela da solo.
Cinquecento anni fa, in una situazione tanto diversa quanto simile, il predicatore eretico Thomas Muntzer gridava: “Omnia sunt Communia”, tutte le cose sono comuni. Nell’epoca delle sfrenate privatizzazioni che hanno distrutto la società e individualizzato i nostri lavori e le nostre vite, pensiamo che si debba iniziare di nuovo da qui. Vogliamo “Ri_pubblicizzare” uno spazio, sottrarlo alle speculazioni e al degrado in cui è immersa la nostra città, prendendo esempio da chi ha occupato i teatri dismessi per ridare un senso collettivo alla parola cultura; da chi licenziato prova ad autogestire la propria fabbrica dimostrando di poter lavorare anche senza padroni; da chi ha impedito in prima persona la costruzione di nuovi nocivi inceneritori; da chi ha occupato la propria scuola o facoltà per renderla accessibile a tutti e tutte.
Uno spazio dove creare nuovi strumenti di “mutuo soccorso” e in cui ricostruire l’idea stessa di democrazia: un dopo scuola popolare, aule studio e biblioteca per studenti, “casse di resistenza” per finanziare le lotte sociali e ambientali della città, sportelli informativi per il diritto alla casa, laboratori ecologisti e di economia alternativa, un comitato di controllo attivo delle politiche comunali a partire da un audit sul bilancio, reti per una nuova finanza pubblica.
Uno spazio in cui “adottare la lotta dell’altro” e ricostruire la democrazia, per rimetterla in mano al 99% della popolazione i cui diritti sono calpestati dall’arroganza dell’1% che detiene i soldi e il potere.