Le banche tornano a fabbricare titoli «tossici»

di Morya Longo
06 giugno 13
JP Morgan e Morgan Stanley assemblano nuovamente Cdo, i private equity pagano gli stessi prezzi da «bolla» per le acquisizioni, la speculazione è alle stelle. La finanza globale vale 740mila miliardi di dollari: 20 mila in più del 2007 quando scoppiò la crisi.

di Morya Longo da il Sole 24 ore - 6 giugno 2013.
Le grandi banche d’affari americane sono tornate a fabbricare «Cdo»: quelle obbligazioni "salsiccia" che nel 2007 per prime si meritarono l’appellativo di «titoli tossici». Gli investitori che si indebitano per comprare azioni a Wall Street sono aggressivi come nel 2007. I fondi di private equity mondiali sono tornati a strapagare le aziende per comprarle. I mercati finanziari – secondo i calcoli del Sole 24 Ore – valgono oggi circa 740mila miliardi di dollari: circa 20mila miliardi in più rispetto ai picchi del 2007. Dieci volte più del Pil mondiale. Insomma: la finanza speculativa, gigantesca, prorompente è tornata. Anzi, non se n’è mai andata. Quel mostro che nel 2007 si mangiò l’economia reale ruggisce ancora. Il problema è che oggi, se scoppiasse una crisi sistemica, gli Stati non avrebbero più molte munizioni per combatterla: sono pieni di debiti.

Finanza ruggente
Sono i numeri a parlare. I derivati, queglistrumenti cheil finanziere Warren Buffett definì «armi di distruzione di massa», sono oggi molti più di quelli che nel 2007 furono considerati con-cause della crisi: oggi – calcola la Bri – ammontanoa 633mila miliardi di euro (valore nozionale), contro i 596mila miliardi del 2007. Anche le cartolarizzazioni, che per anni sono state criminalizzate, sono oggi più voluminose rispetto agli anni "ruggenti": in Europa il loro volume – secondo i dati Afme – è cresciuto di quasi 500 miliardi di euro, come negli Usa. È vero che una grande parte di questi volumiècostituito daauto-cartolarizzazioni (cioè non vendute sul mercato), mala crescita resta elevata. Anche le Borse sono quasi tornate, a livello globale, sui massimi del 2007.

Maquello che più preoccupa sono i comportamenti. Non i numeri. Ieri il Wall Street Journal ha scritto che JP Morgan e Morgan Stanleystanno tornando adassemblare i Cdo sintetici (Collateralized debt obligations). Si tratta di quelle obbligazioni costruite impacchettando titoli di varia natura (mutui, bond aziendali, titoli vari), che nel 2007 sparpagliarono i rischi americani in giro per il mondo. Decine di Enti locali europei andarono vicini al fallimento per colpa dei Cdo. Persino un convento di frati italiano finì gambe all’aria per i Cdo. Ebbene: stanno tornando. Per un motivo desolante: siccome sono ad alto rischio e offrono buoni rendimenti, gli investitori sono tornati a chiederli. E le banche d’affari stanno pensando di riaprire le fabbriche.

Non solo. I fondi di private equity – secondo i dati calcolati da Advanced Capital per il Sole 24 Ore – sono tornati a strapagere le aziende che acquistano. In Europa per rilevarle sborsavano nel 2007 mediamente un prezzo pari a 9,7 volte il margine operativo lordo. Troppo, si diceva allora. Una bolla. Ebbene: oggi il prezzo medio delle acquisizioni in Europa è 9,5 volte il mol. Praticamente identico. Si èunpo’ ridotto il livello di debito di queste operazioni, ma per il resto tutto è uguale. «La possibilità di ottenere credito per realizzare acquisizioni, i tassi molto bassi e le condizioni generali sono tornate simili a quelle del 2007», spiega Gregg Lemkau, co-responsabile M&A di Goldman Sachs. Eppure nel 2007 tutti giuravano che tale esuberanza non sarebbe mai tornata.
Pernon parlare degli investitori che si indebitano per comprare azioni a Wall Street: sono tanti quantinel 2007. Tutto sembra come nel 2007. Quelli che sembravano errori, oggi sono tornati "virtù". Quelli che erano «titoli tossici», oggi sono «titoli con rendimenti appetibili».

Rischio sistemico o no?
Ma qualche differenza rispetto al 2007 c’è. Ben più ridimensionato, rispetto al 2007, è il settore bancario. Bersagliate da normative sempre più stringenti, le banche oggi sono ben più "sobrie": così "sobrie" che in Europa non riescono più a erogare crediti. La leva finanziaria (indicatore che mostra la loro rischiosità) è dimezzata in America e ridotta notevolmente in Europa. Il problema è che mentre dimagriscono le banche, imbrigliate dalle nuove regole, si ingrassa il sistema finanziario non-bancario. In gran parte esente da regole. O soggetto a norme ancora troppo lasche.
È il cosiddetto «shadow banking»: tutto quel marasma composto da titoli quotati fuoriBorsa, da fondi speculativi, da veicoli strutturati e da tutti i soggetti non bancari che operano sui mercati. Un mondo che nel 2007 – secondo il Financial Stability Board – valeva 62mila miliardi di dollari e che oggi (a fine 2011 in realtà) vale 67mila miliardi. «Se un giorno dovesse scoppiare una nuova crisi – osserva Patrick Artus, global chief economist di Natixis – difficilmente nascerà dal settore bancario. A preoccupare è invece la finanza non bancaria». Quel mondo opaco che l’Unione europea e gli Usa ora vogliono regolamentare maggiormente. Forse con un "pizzico" di ritardo...

Se tutto questo possa portare a crisi sistemiche, come quelle vissute nel 2007, nessuno può saperlo. Tanti pensano di no. Quello che sappiamo, però, è che se qualcosa accadesse, gli Stati non avrebbero più molte munizioni per combattere gli effetti che potrebbero prodursi sull’economia reale. I debiti pubblici ammontavano infatti nel mondo a 28.974 miliardi di dollari nel 2007, e oggi sono arrivati a 50.731 miliardi. Insomma: le cartucce sono state tutte sparate. E anche le banche centrali, che non sanno più cosa inventare, ne hanno sparate tante. Restano solo cornetti e amuleti.

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