Le misure di austerità sono un imbroglio
Per il politologo Eric Toussaint, le politiche attualmente condotte in Europa per ripianare i debiti pubblici servono innanzitutto agli interessi dei creditori privati. E colpiscono i diritti sociali e economici dei cittadini. Dottore in scienze politiche alle Università di Liegi e di Parigi VIII e presidente del ramo belga del Comitato per l'annullamento del debito del terzo mondo (CADTM), Eric Toussaint ha scritto e diretto, insieme al francese Damien Millet, un'opera intitolata "Il debito o la vita". Alla luce dell'esperienza della problematica del debito nei Paesi del Sud, gli autori compiono un'analisi critica delle politiche applicate al Nord, in particolare nell'eurozona. Secondo lei, l'eurozona, così come era concepita, era condannata a conoscere una tale crisi? La dracma, la peseta, l'escudo sono stati sopravvalutati rispetto alle altre monete, in particolare rispetto al marco tedesco, al momento della conversione in euro, dando un vantaggio competitivo a paesi come la Germania, l'Olanda, la Francia, il Belgio,... rispetto ai paesi della periferia. Inoltre non ci sono meccanismi di compensazione importanti per ridurre le assimetrie tra le economie europee. Infine le banche nazionali dei paesi dell'UE e la Banca centrale europea (BCE) non possono accordare crediti direttamente agli Stati (come può farlo invece la Federal Reserve degli Stati Uniti - NdR), lasciando così il monopolio alle banche private. Siamo arrivati al punto in cui la BCE ha prestato alle banche private a un tasso di interesse dell'1% fino ad aprile 2011. Le quali prestano a loro volta alla Grecia, al Portogallo e all'Irlanda al 4 o al 5 % per le obbligazioni da sei mesi a un anno. Questo funzionamento ha portato a delle derive terribili. La BCE presta a breve termine a degli istituti privati che a loro volta prestano a lungo termine sul mercato delle obbligazioni e si trovano confrontati, prima o poi, a problemi di liquidità. Questo porta, per esempio, ad un secondo salvataggio di Dexia da parte degli Stati francese e belga. Lei ritiene che la Grecia avrebbe il diritto di mettere in forse il rimborso di una parte del suo debito sovrano..? Tornando indietro nel tempo, si potrebbe dire che i prestiti della troika (Commissione europea, BCE, Fondo monetario internazionale) alla Grecia sono dei prestiti odiosi perché queste istituzioni, con alle spalle i governi francese e tedesco, approfittano di una situazione di grande difficoltà della Grecia - che non ha più accesso ai prestiti superiori all'anno dal 2010 - per prestare ad Atene al 5,5%. Come contropartita esigono dalla Grecia che applichi una serie di misure di austerità, che in certi casi sono riconosciute dall'Organizzazione internazionale del lavoro per esempio come violazioni dei diritti economici e sociali. In più queste misure hanno l'effetto contrario all'obiettivo ufficialmente perseguito ossia un miglioramento della situazione economica che rendesse sostenibile il pagamento del debito. Ora constatiamo che questo crea una recessione che riduce le entrate fiscali e conduce a nuove misure di austerità, che non consentono alla Grecia di avere nel suo bilancio margini sufficienti per rimborsare importi appesantiti da tassi d'interesse troppo alti. Prima, all'inizio della crisi finanziaria, c'erano una serie di istituzioni finanziarie francesi, tedesche, belghe che si finanziavano a tassi dello 0,25% presso la Fed o dell'1% presso la BCE e che poi hanno prestato massicciamente alla Grecia - constatiamo un aumento da 80 a 120 miliardi di prestiti, ossia il 50% in un periodo di piena crisi. Qui ci sono dei segni di illegittimità perché i fondi prestati alle banche non dovevano servire a ciò ma a evitare un credit crunch, perchè queste banche non hanno rispettato le regole della prudenza in materia di solvibilità dei debitori e peggio li hanno incoraggiati a indebitarsi oltre misura. E se risaliamo ancora più in là, ricorderemo che i Giochi Olimpici dovevano costare alla Grecia 1,4 miliardi e ne sono costati quasi 20. Poi ci sono imprese straniere come la Siemens - che sono oggetto di cause giudiziarie - che hanno versato tangenti enormi ai politici dell'epoca. Infine ci sono le spese militari enormi della Grecia che rappresentano il 4% del PIL. Gli americani, i tedeschi e i francesi sono i prinicpali fornitori militari e in un primo tempo si è chiesto alla Grecia solo di tagliare le spese sociali in modo da poter onorare gli ordini militari a Berlino e a Parigi. Era talmente scandaloso che le cose ora stanno cambiando. Le attuali politiche di austerità vengono giustificate dalla necessità di preservare il nostro modello sociale. Lei lo contesta... Coloro che sono privilegiati sono i creditori privati che sono parte del problema. Il secondo obiettivo è di spingere oltre l'offensiva neoliberista lanciata 30 anni fa dal presidente nordamericano Ronald Reagan e dal primo ministro britanico Margaret Thatcher. Assistiamo oggi ad una decostruzione di ciò che caratterizzava i "30 anni gloriosi " che hanno seguito la Seconda guerra mondiale: aumento dei salari, del benessere, il quasi pieno impiego... Dal 1980 al 2010, si è smantellato il patto sociale, caratterizzato da politiche keynesiane, sotituendolo con il neoliberismo che rimette in discusione e deregolamenta la legislazione bancaria e finanziaria, con le derive che conosciamo. E' un imbroglio dire che queste misure puntano a consolidare il modello sociale europeo. Facendo appello all'FMI, gli europei hanno introdotto il lupo nella stalla, si può leggere nel suo libro... L'FMI funge in qualche modo da alibi per i dirigenti europei e consente loro di giustificare le politiche di austerità dicendo "Vedete, non siamo solo noi. Un'istituzione neutra, con base a Washington, dice la stessa cosa". Ma per trent'anni l'FMI in America latina, Africa e Asia ha dettato le politiche che sono all'opera da noi adesso, con risultati totalmente negativi. Se l'America latina va meglio oggi è perché dopo vent'anni gli elettori hanno detto "Non ne vogliamo più". I governi hanno rimborsato in anticipo l'FMI rompendo con le ricette che applicano a noi oggi. Gli economisti e i dirigenti latinoamericani non nascondono la loro sopresa a vederci applicare le formule che sono fallite altrove. Dato che è il primo posto in bilancio in numerosi Stati, il rimborso del debito può andare contro i diritti umani, lei scrive... Io suggerisco che la parte del bilancio che va al servizio del debito non superi il 5% delle entrate. Si potrebbe mettere un'altra regola d'oro: le spese che vanno a garantire i diritti economici e sociali, tra cui i diritti umani, non possono essere compressi. Si dice: priorità ai creditori, il cui comportamento è delittuoso in certi casi. Per corrispondere allo spirito della Carta delle Nazioni unite del 1948, bisognerebbe rovesciare i valori: gli Stati hanno un debito sociale verso i loro cittadini. Sono loro che hanno dato un mandato politico ai loro dirigenti politici. Non le banche, né i fondi pensione, né i mercati finanziari. Il politico ha perso la mano? E' molto preoccupante. In questa crisi la scelta degli elettori diventa marginale. In Irlanda, dove il nuovo governo è costretto ad applicare il piano negoziato da quello precedente, di un altro colore politico. Ma anche in Grecia, dove all'origine il Pasok (socialista, al potere) voleva rompere con la politica della Nuova democrazia (destra). Il potere legislativo viene messo tra parentesi. Il parlamento portoghese provoca in marzo le dimissioni del governo di José Socrates, ma questo esecutivo dimissionario conclude lo stesso un accordo con la troika su un piano di austerità che il parlamento non voleva. Potremmo anche parlare del Belgio che ricompra Dexia per 4 miliardi. Gli azionisti sono soddisfatti, ma non si é chiesto il parere dei parlamentari o dei cittadini belgi. Lei propone delle alternative, ma possiamo dubitare che trovino ascolto dagli attuali dirigenti politici... Il cambiamento verrà dalla presa di coscienza dei cittadini che chiederanno una rottura radicale con il sistema. Il segnale che questo sta cominciando sono le centinaia di migliaia di indignati spagnoli, il cui movimento si è disseminato in Grecia, Italia, Portogallo e a Bruxelles. I primi a dire che non se ne può più e che c'è bisogno di un cambiamento, sono i giovani europei. E' importante che anche le altre generazioni rompano con la rassegnazione. Come hanno fatto i cittadini islandesi rifiutando di pagare per il fallimento della banca Icesave (e rifiutando che il loro governo rimborsi il Regno unito e l'Olanda che avevano garantito i depositi dei loro cittadini presso Icesave NdR). Ci sono voluti vent'anni perché i cittadini dell'America latina spingessero a una rottura, spero che gli europei ci mettano di meno. * traduzione dal Francese di Nadia De Mond