CARA di Bari, ennesima morte annunciata
Come per magia, una parte dei media e la politica istituzionale si accorgono dell'esistenza del centro di accoglienza per i richiedenti asilo solo quando si verificano episodi di violenza su cui speculare.
Ciò che è successo ieri notte nel Cara non è legato a fantasiose guerre etniche, ma ad un'esasperazione drammatica condivisa tra tutti i migranti e le migranti ospitati nel centro.
Già il 23 maggio scorso, infatti, i migranti del Cara manifestarono pacificamente assieme, tutti uniti, per rivendicare i loro diritti, ed in maniera autorganizzata formarono una delegazione rappresentativa di tutte le nazionalità presenti che portò quelle rivendicazioni a conoscenza della Prefettura. Chiedevano poche cose, ma fondamentali: che il permesso di soggiorno temporaneo per chi riceve il primo diniego dalle commissioni territoriali sia della durata non di sei mesi, come l'attuale, ma di un anno. Questo perchè molto spesso il permesso di soggiorno scade prima che il tribunale si esprima sul primo ricorso. Ed in secondo luogo, una residenza (anche virtuale, pratica consolidata in altre città come Roma o Venezia) che possa facilitare la ricerca di un lavoro regolare.
LEGGI il report dell'assemblea antirazzista tenuta a "Lettere e filosofia" di Bari il 3 maggio e l'Appello alla mobilitazione del 23 maggio a sostegno delle lotte e dei diritti dei migranti.
Ovviamente di quelle richieste si è fatto carta straccia. Nel frattempo, a giudicare da centinaia di testimonianze che ci vengono fatte, grazie al supporto quotidiano che riusciamo a dare ai migranti del Cara di Bari-Palese, le condizioni di vita all'interno del campo sono tremende. Vi sono oltre 1200 persone in un luogo che ne potrebbe ospitare al massimo 800.
Le condizioni igienico-sanitarie sono precarie, così come la qualità del cibo, e l'assistenza sanitaria. Tutto ciò porta, ovviamente, all'esasperazione, se non, come è successo più di una volta, a vere e proprie stress e tensioni mentali.
Rigettiamo perciò le dichiarazioni xenofobe dell'ex-ministro degli Interni, Roberto Maroni, che non dimenticheremo mai essere il principale responsabile di tante morti di poveri disperati nelle acque del Mediterraneo, e ribadiamo un concetto semplice: i diritti sono l'unica sicurezza di cui abbiamo bisogno e questi si conquistano con le mobilitazioni, l'autorganizzazione e le lotte sociali.
Ciò che è successo ieri notte nel Cara non è legato a fantasiose guerre etniche, ma ad un'esasperazione drammatica condivisa tra tutti i migranti e le migranti ospitati nel centro.
Già il 23 maggio scorso, infatti, i migranti del Cara manifestarono pacificamente assieme, tutti uniti, per rivendicare i loro diritti, ed in maniera autorganizzata formarono una delegazione rappresentativa di tutte le nazionalità presenti che portò quelle rivendicazioni a conoscenza della Prefettura. Chiedevano poche cose, ma fondamentali: che il permesso di soggiorno temporaneo per chi riceve il primo diniego dalle commissioni territoriali sia della durata non di sei mesi, come l'attuale, ma di un anno. Questo perchè molto spesso il permesso di soggiorno scade prima che il tribunale si esprima sul primo ricorso. Ed in secondo luogo, una residenza (anche virtuale, pratica consolidata in altre città come Roma o Venezia) che possa facilitare la ricerca di un lavoro regolare.
LEGGI il report dell'assemblea antirazzista tenuta a "Lettere e filosofia" di Bari il 3 maggio e l'Appello alla mobilitazione del 23 maggio a sostegno delle lotte e dei diritti dei migranti.
Ovviamente di quelle richieste si è fatto carta straccia. Nel frattempo, a giudicare da centinaia di testimonianze che ci vengono fatte, grazie al supporto quotidiano che riusciamo a dare ai migranti del Cara di Bari-Palese, le condizioni di vita all'interno del campo sono tremende. Vi sono oltre 1200 persone in un luogo che ne potrebbe ospitare al massimo 800.
Le condizioni igienico-sanitarie sono precarie, così come la qualità del cibo, e l'assistenza sanitaria. Tutto ciò porta, ovviamente, all'esasperazione, se non, come è successo più di una volta, a vere e proprie stress e tensioni mentali.
Rigettiamo perciò le dichiarazioni xenofobe dell'ex-ministro degli Interni, Roberto Maroni, che non dimenticheremo mai essere il principale responsabile di tante morti di poveri disperati nelle acque del Mediterraneo, e ribadiamo un concetto semplice: i diritti sono l'unica sicurezza di cui abbiamo bisogno e questi si conquistano con le mobilitazioni, l'autorganizzazione e le lotte sociali.