L'Argentina delle imprese recuperate
A differenza delle diverse esperienze di economia alternativa nate in Argentina durante il periodo della crisi dei primi anni duemila (treque, mercati solidali, mense popolari etc.), spazzate via in un attimo con la crescita degli ultimi anni, le imprese recuperate hanno resistito nel tempo.
da comune-info.net
La conferma di questa presenza nel tessuto economico del paese, arriva dal nuovo rapporto «Terza guida ai prodotti e servizi delle imprese recuperate e autogestite argentine», pubblicato dal ministero del lavoro argentino.
I dati dimostrano non solo una permanenza di queste esperienze nella società argentina ma anche una forte crescita. Nella prima edizione della guida nel 2005 erano state censite 87 imprese recuperate, già nel 2007 si era arrivati a 137 e in questa ultima edizione (2012) ne sono state documentate 323. In realtà, non tutte le imprese sarebbero state inserite. Spiega Franca Ventura, coordinatrice del progetto di mappatura: «Dalla fine del ultimo rilevamento relativo alla pubblicazione adoggi siamo arrivati a individuarne oltre 700 imprese recuperate a livello nazionale».
«Il fenomeno delle imprese recuperate ha inizio nel 2001 e nel 2002 con la crisi economica – commenta Eduardo Montes, vicepresidente dell’Unión Productiva de Empresas Autogestionadas – Ma oggi che non c’è più la crisi si continuano a recuperare imprese soprattutto per la cattiva gestione degli imprenditori». Del resto sono numerosi gli imprenditori che hanno investito in fallimentari speculazioni finanziarie internazionali, a cause delle quali sono stati costretti a chiudere molte attività.
Autogestire imprese con cinquecento lavoratori
Le imprese segnalate nella guida sono state suddivise in 31 categorie produttive. I settori nei quali operano il maggior numero di imprese sono il settore metallurgico, quello alimentare, il tessile e l’edilizia. Tra i prodotti maggiormente realizzati ci sono componenti industriali e manufatti pronti per la vendita. Il 60 per cento di queste imprese opera nella provincia di Buenos Aires, soprattutto nell’area metropolitana, altre sono attive nella zona di Córdoba y Santa Fe. Queste realtà stanno permettendo ha più di 25 mila persone di lavorare, come ha ricordato nella giornata del Primo Maggio la Confederación Nacional de Cooperativas de Trabajo (Cnct): una novità importante, rispetto alle prime esperienze nel 2002/3, è oggi il convolgimento di imprese che hanno anche cinquecento lavoratori. Molte delle imprese inoltre hanno assunto la forma della cooperativa.
Nella ricerca si è evidenziato che, nonostante ci siano state alcune difficoltà iniziali per favorire la fase di commercializzazione, queste imprese hanno cominciato ad avviare accordi di rete tra loro o di partenariato con altre imprese pubbliche e private per cercare di assicurarsi una stabilità e una sostenibilità economica. Secondo Federico Tonarelli, presidente della Federazione argentina delle cooperative di lavoratori autorganizzati (Facta), questi dieci anni di lavoro dimostrano che le imprese recuperate «sono un modello di gestione imprenditoriale in mano ai lavoratori assolutamente possibile, realizzabile, e sostenibile nel tempo».
Autogestione e conversione ecologica
Un elemento che sembra ancora assente nelle guida e, più in generale, nel dibattito sulle esperienze di autogestione del lavoro è il tema della sostenibilità ambientale. Se si analizzano i processi produttivi e le filiere di prodotto utilizzate da diverse di queste imprese, si ritrovano spesso modalità di inquinamento tradizionali e in diversi casi modelli produttivi dannosi sia per le comunità che per i lavoratori. Una delle sfide per il futuro sarà dunque cercare di dare risposte su questo tema: l’economia pubblica deve essere capace di favorire con adeguate risorse una «conversione ecologica» della produzione, oggi impensabile se fosse soltanto a carico di queste realtà. Una conversione ecologica richiede una sensibilità particolare, non sempre diffusa: per questo è importante avviare processi di informazione, inventare e sperimentare soluzioni tecnologiche che trasformino realmente la situazione esistente in ogni territorio, adottare incentivi e sostegno per la protezione ecologica. Di certo, resta poco tempo per avviare questi processi: sarà dunque fondamentale una collaborazione internazionale sempre più intensa tra lavoratori, movimenti e imprese recuperate.
E’ possibile scaricare la guida completa .
Alcune persone e i redattori di Comune-info hanno avviato un gruppo di studio sulle imprese recuperate, raccoglierndo articoli, documenti, bibliografie, video. Di sicuro, le esperienze di autogestione, in Argentina come in Italia, dimostrano che mentre i padroni dipendono dai lavoratori, non è sempre vero il contrario.
La prima buona ragione è che si tratta di una straordinaria, e forse sottovalutata, forma di ribellione al capitalismo. Se è vero che non basta, anzi non serve, valutare una forma di lotta sociale in base ai «risultati» in termini di numeri, allora è vero che il movimento delle fábricas recuperadas in Argentina è importante perché va bene oltre la constatazione che ancora oggi alcune centinaia di imprese di quel tipo sono attive (a differenza di altre forme di protesta e solidarietà diffuse nel 2001, come il trueque, i blocchi dei piqueteros, le assemblee di quartiere). Quel movimento è importante soprattutto perché ha dimostrato che qualcosa di apparentemente impossibile, ribaltare alcuni capisaldi dell’ideologia capitalista, a volte diventa realtà.
da comune-info.net
La conferma di questa presenza nel tessuto economico del paese, arriva dal nuovo rapporto «Terza guida ai prodotti e servizi delle imprese recuperate e autogestite argentine», pubblicato dal ministero del lavoro argentino.
I dati dimostrano non solo una permanenza di queste esperienze nella società argentina ma anche una forte crescita. Nella prima edizione della guida nel 2005 erano state censite 87 imprese recuperate, già nel 2007 si era arrivati a 137 e in questa ultima edizione (2012) ne sono state documentate 323. In realtà, non tutte le imprese sarebbero state inserite. Spiega Franca Ventura, coordinatrice del progetto di mappatura: «Dalla fine del ultimo rilevamento relativo alla pubblicazione adoggi siamo arrivati a individuarne oltre 700 imprese recuperate a livello nazionale».
«Il fenomeno delle imprese recuperate ha inizio nel 2001 e nel 2002 con la crisi economica – commenta Eduardo Montes, vicepresidente dell’Unión Productiva de Empresas Autogestionadas – Ma oggi che non c’è più la crisi si continuano a recuperare imprese soprattutto per la cattiva gestione degli imprenditori». Del resto sono numerosi gli imprenditori che hanno investito in fallimentari speculazioni finanziarie internazionali, a cause delle quali sono stati costretti a chiudere molte attività.
Autogestire imprese con cinquecento lavoratori
Le imprese segnalate nella guida sono state suddivise in 31 categorie produttive. I settori nei quali operano il maggior numero di imprese sono il settore metallurgico, quello alimentare, il tessile e l’edilizia. Tra i prodotti maggiormente realizzati ci sono componenti industriali e manufatti pronti per la vendita. Il 60 per cento di queste imprese opera nella provincia di Buenos Aires, soprattutto nell’area metropolitana, altre sono attive nella zona di Córdoba y Santa Fe. Queste realtà stanno permettendo ha più di 25 mila persone di lavorare, come ha ricordato nella giornata del Primo Maggio la Confederación Nacional de Cooperativas de Trabajo (Cnct): una novità importante, rispetto alle prime esperienze nel 2002/3, è oggi il convolgimento di imprese che hanno anche cinquecento lavoratori. Molte delle imprese inoltre hanno assunto la forma della cooperativa.
Nella ricerca si è evidenziato che, nonostante ci siano state alcune difficoltà iniziali per favorire la fase di commercializzazione, queste imprese hanno cominciato ad avviare accordi di rete tra loro o di partenariato con altre imprese pubbliche e private per cercare di assicurarsi una stabilità e una sostenibilità economica. Secondo Federico Tonarelli, presidente della Federazione argentina delle cooperative di lavoratori autorganizzati (Facta), questi dieci anni di lavoro dimostrano che le imprese recuperate «sono un modello di gestione imprenditoriale in mano ai lavoratori assolutamente possibile, realizzabile, e sostenibile nel tempo».
Autogestione e conversione ecologica
Un elemento che sembra ancora assente nelle guida e, più in generale, nel dibattito sulle esperienze di autogestione del lavoro è il tema della sostenibilità ambientale. Se si analizzano i processi produttivi e le filiere di prodotto utilizzate da diverse di queste imprese, si ritrovano spesso modalità di inquinamento tradizionali e in diversi casi modelli produttivi dannosi sia per le comunità che per i lavoratori. Una delle sfide per il futuro sarà dunque cercare di dare risposte su questo tema: l’economia pubblica deve essere capace di favorire con adeguate risorse una «conversione ecologica» della produzione, oggi impensabile se fosse soltanto a carico di queste realtà. Una conversione ecologica richiede una sensibilità particolare, non sempre diffusa: per questo è importante avviare processi di informazione, inventare e sperimentare soluzioni tecnologiche che trasformino realmente la situazione esistente in ogni territorio, adottare incentivi e sostegno per la protezione ecologica. Di certo, resta poco tempo per avviare questi processi: sarà dunque fondamentale una collaborazione internazionale sempre più intensa tra lavoratori, movimenti e imprese recuperate.
E’ possibile scaricare la guida completa .
Alcune persone e i redattori di Comune-info hanno avviato un gruppo di studio sulle imprese recuperate, raccoglierndo articoli, documenti, bibliografie, video. Di sicuro, le esperienze di autogestione, in Argentina come in Italia, dimostrano che mentre i padroni dipendono dai lavoratori, non è sempre vero il contrario.
La prima buona ragione è che si tratta di una straordinaria, e forse sottovalutata, forma di ribellione al capitalismo. Se è vero che non basta, anzi non serve, valutare una forma di lotta sociale in base ai «risultati» in termini di numeri, allora è vero che il movimento delle fábricas recuperadas in Argentina è importante perché va bene oltre la constatazione che ancora oggi alcune centinaia di imprese di quel tipo sono attive (a differenza di altre forme di protesta e solidarietà diffuse nel 2001, come il trueque, i blocchi dei piqueteros, le assemblee di quartiere). Quel movimento è importante soprattutto perché ha dimostrato che qualcosa di apparentemente impossibile, ribaltare alcuni capisaldi dell’ideologia capitalista, a volte diventa realtà.