Egitto, 3 luglio: colpo di stato nella rivoluzione

di da www.npa2009.org
04 luglio 13
L’obiettivo di questo colpo di stato, con il rovesciamento di Morsi, non è opporsi o spezzare la rivoluzione, quanto quello di frenarla, impedirle di andare fino in fondoL'esercito si era comportato allo stesso modo nel febbraio 2011, quando ha abbandonato Mubarak nel momento in cui sono apparsi gli appelli allo sciopero generale e tutto mostrava che questi appelli sarebbero stati accolti. Mollando l’accessorio, Mubarak, l'esercito conservava l’essenziale, la proprietà dei suoi beni. E ora ricomincia la stessa cosa. La contestazione permanente in Egitto non si ferma da oltre due anni, ed è cresciuta dopo il dicembre 2012 e da allora è quasi quotidiana e non-stop, con una notevole espansione dei conflitti sociali che hanno portato l’Egitto ad avere un record storico mondiale di scioperi e proteste sociali dall’inizio dell’anno. Questi movimenti sociali hanno trovato una cristallizzazione politica straordinario attraverso la campagna “Tamarod” (ribellione) che è arrivata non solo a ottenere 22 milioni di firme contro Morsi ma anche a mobilitare milioni e milioni di egiziani nelle piazze e nelle strade per esigere la caduta di Morsi. Non era difficile capire che se la piazza avesse ottenuto la caduta di Morsi si sarebbe aperta una porta aperta ad un’ondata di rivendicazioni sociali ed economiche che avrebbero potuto attaccare i ricchi, i padroni, la proprietà e quindi anche l’esercito che rappresenta il più grande proprietario in Egitto, sia nel campo industriale che agricolo e commerciale. Un rischi che si doveva evitare. Ovviamente avrebbe potuto contrastare direttamente il movimento sociale e fare fronte con i Fratelli Musulmani e incidentalmente con il Fronte di salvezza nazionale contro il cammino della rivoluzione. Il problema è che non poteva più farlo. L’esercito aveva tentato un colpo di stato contro la rivoluzione nel giugno 2012, tendando qualche passo avanti in questa direzione, ma alla fine aveva dovuto arretrare di fronte alla mobilitazione popolare, che era ancora più temibile, allora, in seguito e nonostante due anni di feroce repressione (più di 11.000 attivisti condannati da tribunali militari, torture, pesante repressione); il movimento sociale era più vivo che mai, non aveva paura, e soprattutto gli stessi soldati non sembravano così affidabili. Ci sono infatti state rivolte tra la truppa dell'esercito e delle forze di polizia, e si erano visti ufficiali manifestare con i rivoluzionari. I comandi militare si è quindi preoccupata che il suo apparato militare si dissolvesse di fronte a qual tentativo. È stato per questo motivo che infine hanno consegnato il potere nelle mani dei Fratelli musulmani, che sembravano i soli ad avere un apparato (2 milioni di membri) ed una ideologia, la religione, capace di fermare questa incessante rivoluzione. Ma ora, nel giugno 2013, si trovava in una situazione ancora peggiore. I Fratelli Musulmani hanno perso tutta la loro influenza, il veleno è più o meno inefficace e il movimento rivoluzionario è molto più forte che nel gennaio 2011, infinitamente più numeroso nelle mobilitazioni, in un contesto di lotte sociali di gran lunga più importante che nel gennaio del 2011 e molto più esperto grazie ad una maggiore presenza di militanti rispetto al 2011. Opporsi al movimento avrebbe significato perdere l'esercito – unica barriera tra la rivoluzione e la proprietà. Visto che nemmeno il FSN ha un minimo peso reale anche se ha dimostrato più volte la sua buona volontà contro la rivoluzione. L'esercito ha quindi preferito non affrontare la rivoluzione, ma ha tentato di deviarne il corso, momentaneamente. Certo, ci si può chiedere perché il movimento rivoluzionario abbia accetto questa collaborazione temporanea delle forze armate alla sua causa allora proprio ora che sono molto probabilmente quanto sia inaffidabile l’esercito – per averlo conosciuto attraverso le sue prigioni, le torture e le sue migliaia di violenze? Semplicemente perché se il movimento è molto forte, la sua coscienza lo è un po' meno, anche se in crescita. Non è che non si renda conto di quale possa essere il pericolo di un colpo di stato militare in questo momento, ma allo stesso modo semplicemente non sa ancora cosa fare, quali siano i suoi obiettivi . È significativo che siano proprio i democratici – anche alcuni rivoluzionari, ma soprattutto democratici - che credono solamente nelle elezioni e nella democrazia rappresentativa a trovarsi alla guida di questo movimento con il solo obiettivo di organizzare nuove elezioni presidenziali, ma che non vogliono in alcun modo rappresentare le rivendicazioni sociali dei poveri, tantomeno il loro anti-liberismo e ancor meno il loro anticapitalismo. La debolezza del movimento risiedeva quindi nella sua leadership e più esattamente della sua coscienza, che accetta di avere una simile leadership. In questa situazione vedremo quindi l’esercito riprendere le sue posizioni, rosicchiare ancora una volta le libertà, reprimere, come aveva fatto dopo la caduta di Mubarak, ma sarà molto più difficile farlo che due anni fa, perché il movimento è molto più forte e più sperimentato, più consapevole di cosa rappresenti l'esercito. Che oltretutto questa volta non avrà al suo fianco per ingannare la popolazione i suoi amici/rivali della confraternita dei Fratelli Musulmani. Infine, la situazione sociale è depressa, l'economia sull'orlo del collasso ed è per questo motivo che la maggior parte della popolazione è scesa nelle strade. Ma l'esercito non ha una risposta a questi problemi e inoltre è un grande proprietario ultra ricco – controparte di molte lotte sociali. E non sarà il FSN, se venisse ammesso nel governo, che potrà ingannare a lungo i poveri, anche perché non ha mai avuto una grande autorevolezze tra la popolazione, specialmente quella più povera. Il futuro è la rivoluzione. E non solo in Egitto, come si è visto con la Turchia, il Brasile ... O meglio, potrebbe essere quello della convergenza di questi movimenti, il loro incoraggiamento reciproco, che può essere arricchito da uno scambio tra quello che c’è di meglio in ognuno di loro – per raggiungere finalmente una chiara consapevolezza di quello che vogliono, degli obiettivi che possano fare in modo che la prossima rivoluzione chiaramente una rivoluzione sociale e non solamente democratica… * parte di un articolo di cronaca delle giornate di Piazza Tahrir

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